Finiamola nel senso che la prima stagione di Ecoglossia termina qui. In quest’ultima puntata abbiamo parlato dell’insensatezza di alcune retoriche di comunicazione, tra cui l’abuso della formula ‘grazie’ alla fine delle mail, anche quando non c’è motivo di dirlo. E ci siamo chiesti: siamo noi che dobbiamo ringraziare gli ascoltatori o viceversa? Almeno un grazie, però, fatecelo dire: a Grazia Morea, che ci ha dato l’idea per questo episodio.

La conversazione sul linguaggio inclusivo nelle aziende con Caterina Di Paolo - art director e coordinatrice editoriale di Edizioni Tlon, casa editrice che si occupa di filosofia e femminismo - non si è esaurita nella puntata precedente. Qui trovate il seguito in cui approfondiamo l’argomento e scomodiamo pure Wittgenstein, tiè, con il suo “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”.

Cosa accade quando la lingua pigra e spersonalizzata delle aziende cerca di cambiare per adeguarsi alle nuove sensibilità in termini di inclusività e rifiuto delle discriminazioni? Ne parliamo con Caterina Di Paolo, laureata in filosofia del linguaggio, attiva nel campo dell’editoria da oltre dieci anni e oggi art director e coordinatrice editoriale di Edizioni Tlon, casa editrice che si occupa di filosofia e femminismo.

Se lavorate in un’azienda è molto probabile che ne abbiate dovuto preparare una. E di sicuro ne avete subite tante. Parliamo delle presentazioni Powerpoint e di come siamo riusciti a trasformare un’idea tutto sommato buona in un pasticcio di contenuti disordinati, citazioni a casaccio e immagini banali. Impaginato male, tra l’altro.

Come sottrarsi al gusto nostalgico dell’angolo della posta? Siamo stati tentati di intitolare questo episodio “Scrivi al direttore” se non fosse che Ecoglossia un direttore non ce l’ha. Ha degli ascoltatori molto attivi, però (e per fortuna). Allora ci siamo divertiti a leggere alcune tra le mail che ci avete inviato, a volte per chiedere informazioni o per dire la vostra, altre volte per mandarci materiali da commentare. Continuate a scriverci. A quale indirizzo? Lo diciamo in ogni puntata. Ascoltateci.

Manager e collaboratori evitano l’ironia nelle comunicazioni aziendali, a meno che questa non diventi a sua volta una retorica più o meno autorizzata. Eppure esiste un modo sano di usare questo registro, perfino nel citare un articolo accademico o nelle noiose newsletter interne. In questa puntata scopriremo poi che anche gli irreprensibili conduttori di Ecoglossia si macchiano di modi di dire abusati. Per capire cosa c’entrano i carciofi, invece, dovete ascoltare tutto l’episodio.

Dal collega che chiude una mail mettendosi a tappetino nei confronti dei destinatari fino al senza cuore che neanche esordisce con un “buongiorno”. Quando la cortesia nelle comunicazioni aziendali è buona educazione e quando diventa invece un salto (o uno scivolone) di stile? Torniamo anche sul tema delle mail di commiato, in cui qualcuno lascia cadere critiche, neanche troppo velate, verso il suo ex posto di lavoro.

Ma davvero gli eventi e i traguardi aziendali sono così entusiasmanti come vogliono farci credere i post su LinkedIn? Il professionismo è un’altra cosa: competenza, sobrietà e, importante, libertà di criticare ciò che è criticabile. Per non parlare delle comunicazioni organizzative in cui chi lascia l’azienda è sempre un santo e chi arriva al suo posto è un eroe entusiasta della nuova sfida.